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La scommessa (vinta) di Amò: “È la qualità il prodotto tipico bolzanino” 

Omar Signori, titolare del caseificio Amò e membro del direttivo Slow Food, racconta la sfida di lanciare una gastronomia tipica nel cuore popolare di Bolzano. “Dalla Bufala altoatesina ai tortelli di Valeggio: amiamo la cura massima della materia prima. La qualità è il nostro prodotto tipico”

“Il prodotto tipico bolzanino è la qualità. Dalle strutture alberghiere alla squadra di calcio passando per l’organizzazione e sì, anche il prodotto culinario”. Omar Signori è il titolare del caseificio Amò in via Milano a Bolzano: un luogo che è nato come scommessa. “Abbiamo voluto puntare sulla massima qualità del prodotto: altoatesino, proveniente da altri territori o progettando novità assolute”. È nato così un punto vendita in un rione popolare con tutti i tratti della gastronomia di alto livello. Una commistione che, ad una prima analisi di marketing, parrebbe totalmente asincrona ma che si è rivelata, negli anni, una sfida vinta. “È stata una scelta che ha sempre mantenuto saldi i principi dello Slow Food. Non a caso sono anche nel direttivo locale dell’associazione. Ci guida la grande attenzione nella scelta delle forniture e, di conseguenza, di quello che poi andiamo a mettere sulla tavola della gente”.

Qualche mese lanciaste la Bufala altoatesina. Una innovazione che attirò, insieme, curiosità e critiche. Da una parte gli innovatori e dall’altra i tradizionalisti.

“Ad oggi è un successo incredibile. Il prodotto si esaurisce in due ore. Per fortuna che anche lo spaccio di Cardano ci supporta ma, in ogni caso, la domanda è di molto superiore alla produzione. Il motivo mi riporta al punto precedente: è la qualità il prodotto tipico. Siamo anche la capacità di elevare ai massimi livelli una prelibatezza che non è ancora parte della nostra tradizione più profonda. La differenza nella Bufala la fa certamente la tecnica di produzione (che si impara) ma soprattutto quello che gli animali mangiano. Se si alimentano solo di erba e non di mangimi da silos la qualità organolettica è infinitamente superiore. Nel piatto lo senti, non si scappa. Ecco, quello è l’elemento importante. Tutti noi dobbiamo ispirarci a questa costante tensione verso la qualità. È un orgoglio, uno sprone e un tratto distintivo”

Amò, però, ha anche un’altra missione: cercare di valorizzare al meglio i prodotti di “importazione” senza snaturarli.

“E’ un aspetto culturale importante. Pensiamo ai tortelli di Valeggio sul Mincio in provincia di Verona. Sul mercato ne esistono di varie tipologie, molte anche industriali. Noi abbiamo scelto un fornitore che li produce il lunedì e vanno consumati entro cinque o massimo sei giorni. Non di più, assolutamente. Parliamo direttamente con i fornitori, non abbiamo intermediari. Sono scelti e devono avere dei crismi precisi. Questo è un lavoro enorme che non sempre viene percepito ma anche questo fa la differenza. Diventa, quindi, questa attenzione l’elemento centrale da ricercare e lo trovi nel Pistacchio di Bronte o nel Laugen. Non conta la latitudine: conta l’amore per l’arte culinaria e per le sue materie prime”

Come sono stati gli inizi?

“Ero molto stupito. All’inizio la gente si stupiva che fossimo altoatesini e ci salutava con un entusiasmo incredibile. Finalmente una gastronomia che non è straniera e non è per forza composta solo da prodotti del Sud ci dicevano. Significa che anche i bolzanini avevano voglia di avere una rappresentatività forte nella qualità culinaria. Un modo per dire che non siamo solo un luogo capace di apprezzare i prodotti in arrivo da fuori ma anche orgoglioso di mostrare il suo pregio più bello. La tendenza, sempre, alla qualità.